SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
E’ il “Sogno di una notte di mezza estate”, e non servono parole per raccontarlo, impresso com’è nel gotha dei classici di ogni tempo, ma è anche qualcos’altro, è qualcosa che trascende la sua natura, il suo valore intrinseco, la sua forma, per diventare altro, per diventare anche solo e soltanto materia aldilà dei sogni, per diventare ‘ora e qui’, per diventare terreno, fruibile prodotto nazionalpopolare.
Il vernacolo scalza la purezza lessicale del Bardo e diventa la lingua di Bottom (un magistrale Leo Gullotta) e della sua sgangherata quanto improvvisata compagnia di attori, la dicotomia tra antico e moderno diventa centrale nella costruzione visiva dei personaggi, fasciati come sono nel velluto e nell’oro più antichi da una parte e costretti in succinti costumi di latex e rete, con perizomi ben in mostra dall’altra… Forse per tracciare, netta, la linea di demarcazione tra reale e magico; forse per evidenziare il valore allegorico del bosco come parte più istintiva e sessuale dell’animo umano.
La messa in scena è, godibilissima, avvalorata dall’interpretazione di un cast di ottimo livello capitanato dal sempre grande Gullotta e dalla sorprendente performance di alcuni attori tra cui spicca una talentuosa Marina La Placa nei panni di Elena. Imponente la scenografia.