IL MAGO DI OZ
La storia inizia da una bambina. Una bambina immersa in una prateria grigia e triste dove tutto è amorfo e monotono, anche gli uomini. Tutto tranne lei. Una bambina che sa ancora ridere e giocare in compagnia del suo cagnolino. È grazie alla loro gioia che entrambi possono essere trasportati, cavalcando il ciclone, in un meraviglioso mondo di luci e colori ed avere accesso ad un viaggio fantastico che altrimenti sarebbe loro negato. Un viaggio che accoglie esseri buffi e improbabili, ingenui, poetici, ma concreti, pragmatici, paradossalmente quasi quotidiani. In compagnia di uno spaventapasseri, un boscaiolo di latta e un leone, la piccola Dorothy percorrerà la strada pavimentata da mattoni gialli che conduce al regno di Oz, inseguendo il desiderio. È un percorso attraverso le illusioni, i pregiudizi e la cecità dell’essere umano dove ciascuno vuole ottenere quello che già possiede senza accorgersene. Perfino il grande Oz, di cui tutti hanno sentito parlare, ma che nessuno ha mai visto, non è che un imbroglione, anch’egli schiavo della sua voglia di essere qualcos’altro, insoddisfatto di se stesso. Ma non c’è mai una vera critica nelle parole di Baum:”In realtà egli era un buon uomo, anche se un pessimo mago”; tutto si risolve sempre con un sorriso bonario, senza mai vera cattiveria. Quando la piccola Dorothy si trova prigioniera della strega sarà ancora per un caso che riuscirà ad ucciderla e il dialogo con la megera moribonda è veramente esilarante: “Guarda un po’ quello che hai fatto! Non sapevi che l’acqua mi avrebbe fatto morire?- No, certo”, risponde Dorothy,” come potevo saperlo?”. È un regno umile quello di Oz, ma solare, sincero, ben lontano dalle atmosfere della surreale Alice nel paese delle meraviglie.
Per questo, nel tentativo di restituire i sensi profondi di questa fiaba, i nostri trucchi scenici sono dichiarati, si palesano allo spettatore mentre scorre la narrazione e nondimeno ne mantengono la meraviglia. I personaggi non lasciano mai spazio alla retorica, anzi la ribaltano fino all’autoironia, mostrando i loro limiti e le loro paure. È una fiaba che parla a tutti coloro che, di qualsiasi età, vogliano ancora avere accesso a mondi straordinari. “ Molti dei grandi sono ancora bambini, proprio come voi e me. Non possiamo misurare un bambino con il metro della dimensione e dell’età. I grandi che sono bambini sono nostri amici; gli altri non dobbiamo proprio prenderli in considerazione perché si sono autoesiliati dal nostro mondo.”